L’EBA Action Plan per una finanza sostenibile

Nella pubblicazione dell’EBA, di dicembre 2019, viene descritta la road map per l’applicazione di principi di sostenibilità a livello Europeo (“EBA action plan on soustainable finance ”).

Molto chiaramente l’EBA, sin dall’incipit del documento, chiede che le società finanziarie comincino a porre in essere azioni su almeno 3 aree :
1) Definizione di Strategia prospettica di medio lungo periodo
2) Processo di risk management
3) Concessione del credito e valutazione della clientela
Si parte quindi dall’alto, dalla strategia, che identifichiamo come primo binario di questa analisi.

1. Primo binario: la strategia
Questo primo tassello può essere facilmente legato a una delle componenti della nuova versione del il “risk, strategy & objective-setting“ . Il framework richiede che ciascuna organizzazione consideri, ai fini di una sua efficace implementazione, le proprie peculiarità in termini di strategia, modello organizzativo, cultura, business model, strumenti finanziari disponibili, settore di appartenenza, ecc.

Questo si ribalta poi anche sulle attività e sull’approccio che l’audit e la compliance devono avere, nei loro rispettivi ambiti di competenza e nella valutazione dei rischi.
La definizione della strategia deve avere almeno 4 pilastri.

Da un lato essa deve fungere da piano, linea guida per le scelte operative; in tal senso, è importante che siano chiariti gli obiettivi per l’applicazione dell’ESG, al fine di avere una chiara e coerente applicazione operativa.

Deve poi fungere da modello di comportamento, fissare una visione e definire una cultura aziendale. Anche questo sarà fondamentale al fine di portare la struttura organizzativa a prendere decisioni coerenti con i principi di alto livello.
Ancora, deve definire il proprio posizionamento, anche fissando regole stringenti se le ritiene importanti, come potrebbe essere l’esclusione al 100% di una determinata fonte energetica o la presa di posizione su alcune tematiche di genere o ponendosi come portatore di interessi nell’ambito sociale e politico in cui l’azienda opera.

Infine, la strategia deve definire una prospettiva. Dove voglio arrivare nel medio lungo periodo. Il periodo è in realtà fissato dalla Agenda 2030, quindi i prossimi dieci anni; i macro-indirizzi sono fissati con i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals). Ma le singole società avranno l’onere di definire il come:

  • rivedendo mission e vision, ed adattando la cultura aziendale;
  • integrando le tematiche ESG nell’analisi e nei processi decisionali;
  • promuovendo un azionariato attivo, che incorpori le tematiche ESG nelle politiche e nelle pratiche societarie;
  • prevedendo risorse e responsabilità adeguate;
  • prevedendo una adatta comunicazione e disclosure;
  • adeguando i meccanismi di compensation; le politiche del personale; i piani formativi;

Laddove esistente, sarà necessaria una integrazione con il CSR framework; allineando di conseguenza tutte le policy e procedure.

Un ulteriore step che spinge verso questa direzione, è visibile già nella proposta di modifica della CRD (Capital Requirements Directive), lanciata dall’EBA il 31 Luglio, che si chiuderà a fine Ottobre e che introduce il punto 24, in capo al Management Body:
“When setting, approving and overseeing the implementation of the aspects listed in paragraph the management body should aim at ensuring a sustainable business
model that takes into account all risks, including environmental, social and
governance risks“.

Il paragrafo raccoglie la lista delle responsabilità dell’organo di gestione, dalla approvazione della strategia, in termini di business e di rischi, al disegno conseguente della governance.

2. Secondo binario: il risk management
In secondo luogo, l’EBA chiama in causa il Risk Management, come dipartimento chiave per una serie di attività, che, a leggere bene, non riguarderanno solo la definizione di analisi di scenario. Anche il sistema di identificazione delle perdite operative, il Risk Appetite Framework con la misurazione dei rischi e la definizione di soglie di tolleranza, la definizione di KRI, le attività di monitoraggio dei requisiti di capitale, il monitoraggio del rischio di credito e molto altro potrebbero richiedere
revisioni dei processi al fine di integrare i fattori ESG.
Laddove presenti modelli sviluppati internamente, la ricostruzione di serie storiche adeguate a poter ricalibrare le variabili, includendo anche un focus ESG, potrebbe essere una delle attività più difficoltose.
Così come la valutazione di quanto il tasso di default possa o meno essere correlato a variabili ESG. O ancora, la misurazione di come i rischi ESG possano comportare riduzioni di capitale e di come debbano essere integrati nella strutturazione di scenari e stress test.

3. Terzo binario: la concessione del credito e la valutazione della
clientela
È però attraverso la revisione nei processi della concessione del credito che, dal nostro punto di vista, si porterà l’applicazione del ESG su ben altri piani, oltre a quelli della finanza sostenibile in senso stretto.
L’intento della Commissione Europea è infatti quello di sfruttare il veicolo delle banche e delle imprese di assicurazione come leva per incrementare l’utilizzo di pratiche sostenibili nell’intera economia. A questo scopo, è previsto uno studio della fattibilità di una ricalibrazione dei requisiti patrimoniali delle banche con il cosiddetto “fattore di sostegno verde”, per quegli investimenti che, giustificati sotto il profilo del rischio e della tenuta della stabilità finanziaria, associano elementi tangibili di sostenibilità.
Anche i rilevanti fondi che l’Unione Europea sta stanziando per la ripresa post-COVID19 dovranno essere utilizzati ed investiti nei vari Paesi prevedendo allocazioni che favoriscano il raggiungimento degli obiettivi Europei per l’Agenda 2030. In tanti concordano che proprio il COVID19 darà una accelerata alle attività della Commissione, per una piena applicazione del piano, spingendo piuttosto che accantonando il progetto della sostenibilità.
Alcune imprese più dinamiche e attente a queste evoluzioni si sono mosse alla ricerca di modalità che possano dimostrare al sistema finanziario ed al mercato la loro propensione alla sostenibilità. Si ritiene, infatti, che la capacità di alcune aziende di essere maggiormente proattive nei confronti di queste politiche, dimostra la loro maggiore flessibilità e resilienza da un lato e garantirebbe maggiore accesso a fonti di finanziamento a prezzi più bassi dall’altro. Questo porterebbe valore aggiunto e vantaggi competitivi…
…L’idea, in realtà, è di sviluppare strumenti che permettano una maggiore omogeneità per supportare la valutazione di tali politiche da parte degli Istituti Finanziari. Il sistema tradizionale dei rating non verrà messo in discussione, ma avrà sicuramente bisogno di adattamenti o integrazioni per tener conto anche di quello che sarà il rating ESG.
Questo dovrebbe essere assegnato da società indipendenti, fornendo un giudizio sintetico che certifica la solidità di un emittente, di un titolo, di un fondo, di una azienda rispetto a problematiche ambientali, sociali e di governance. Anche se, grazie alle nuove tecnologie, ci sono anche esperimenti di aziende che si stanno autocertificando, utilizzando lo strumento della blockchain.
In queste valutazioni, occorrerà tenere a mente anche che le strategie di implementazione dei fattori ESG possono essere di vario tipo. Alcune aziende fissano delle esclusioni di elementi considerati negativi per la società (commercio di droghe, armi, pornografia ecc.);
Altre partono da elementi vietati da norme e convenzioni internazionali (diritti umani, corruzione, normative sul lavoro).
Ancora ci sono aziende che vogliono dimostrarsi attive in determinati settori ambientali o etici, puntando a divenire best in classe in un determinato ambito o importanti influencer a livello politico o sociale (temi possono essere: uso dell’acqua, mobilità nelle città, efficienza nel consumo delle energie, tematiche legate agli anziani, ricerca, ecc).
In ultimo, si può individuare una strategia di ‘integrazione’, legando le scelte ESG ad ogni singola decisione di investimento o produzione dell’azienda.
Come dicevamo, tale processo è ancora in una fase troppo embrionale per sapere come sarà definito nel concreto, e cosa modificherà in termini di revisione dei processi di approvazione del credito e corrispondenti competenze e risorse da mettere in campo. Ma sarà importante che l’eventuale rating permetta di valutare non tanto la singola scelta strategica definita dalle aziende (input), quanto l’effettivo impatto e risultato di tali scelte (output).
Sarà anche fondamentale capire, e per il momento nessuno ha approcciato in modo coraggioso e trasparente il tema, se ed eventualmente quanto gli aspetti “ecologici”, “sociali” e di “governance” dovranno entrare a far parte delle decisioni di credito o nell’offerta di servizi di una società finanziaria.
Evidentemente, questa tematica potrebbe creare per alcuni versi difficoltà e conflitti.
Solo a titolo esemplificativo, immaginiamo una operazione di acquisizione. Dovrà la società finanziaria che supporta il cliente nel deal chiedere che aspetti legati all’occupazione o alla parità di genere o ai consumi energetici e livelli di inquinamento vengano definiti ed integrati nell’Information Memorandum e che vengano considerati nella definizione del prezzo delle azioni? Se sì, come?
Evidentemente, se da un lato questi sono aspetti che il regolatore dovrà prima o poi affrontare, dall’altro, le stesse società finanziarie dovranno porsi dei quesiti appropriati e sufficientemente dettagliati, nel definire e declinare la propria strategia sui fattori ESG. (Patrizia Lionetto Senior Auditor Societe Generale e Michela Vignuta Compliance Officer di FCA Bank)

Direttiva UE sul Corporate Sustainability Reporting: ci siamo!

Direttiva UE sul Corporate Sustainability Reporting: ci siamo!

Il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto alla fine di Giugno un accordo politico provvisorio sul testo della Direttiva sul rapporto societario di sostenibilità. La proposta è concepita per colmare le lacune esistenti nelle norme sull’informativa non...